Giuseppe Baldi
La pandemia che stiamo vivendo da più di un anno con i gravi problemi sanitari e sociali mi ha richiamato alla mente una situazione simile che avevo incontrato nelle letture di storia della medicina e soprattutto delle malattie infettive e dei vaccini.
Facendo ricerche di genealogia avevo notato che nel biennio 1816 -1817 a Cantalice vi era stato un incremento della mortalità di due/tre volte la media degli anni precedenti e dei successivi: una variazione importante che mi ha indotto a studiarne il motivo. Per queste indagini demografiche ho utilizzato il database online dell’Archivio di Stato dell’Aquila in cui sono registrate tutte le certificazioni di nascita, morte e matrimonio del comune di Cantalice, che allora apparteneva alla provincia dell’Aquila nel Regno di Napoli.
Dal 1809, con la riforma napoleonica del Codice Civile, le registrazioni anagrafiche vengono fatte su registri dettagliati a stampa, quasi identici a quelli attuali, superando gli scarni e incompleti registri delle parrocchie; questi permettono una rilevazione dei dati accurata ed essendo tutti digitalizzati sono facilmente consultabili.
Nel decennio 1809-1818, Cantalice aveva una natalità media annua di 53 bambini, purtroppo con una mortalità infantile, inferiore all’anno di età, del 25-30%. La mortalità fino al 1815 era stata mediamente di 40 unità ogni anno, con un improvviso aumento nel biennio 1816-17 fino a 82 e 127. Anche i matrimoni subiscono una notevole diminuzione nel biennio: da una media di 13 a 5. La popolazione totale ammontava a 1700 persone.
Tabella n. 1 - dati anagrafici del Comune di Cantalice per il decennio 1809 – 1818. Elaborazione grafica dell’Autore. Fonte: Arch. stor. di L’Aquila

Come appare evidente (Tab. 1), nel biennio 1816-17 vi fu un aumento di mortalità associato a riduzione dei matrimoni e delle nascite, segno di importanti eventi sociali e/o sanitari.
Gli studi storici riguardanti quel periodo hanno evidenziato un grave scadimento delle condizioni socio-economiche con carestie, diffusa miseria e fame, aggravate da un’epidemia di tifo petecchiale con notevole mortalità nella popolazione adulta interessando gran parte degli Stati Italiani; numerosi Autori (vd. in rifer. bibliografici) hanno indagato su questa vicenda e negli ultimi anni hanno individuato anche una possibile causa scatenante.
Nell’aprile 1815 una violentissima eruzione del vulcano Tambora, nell’isola di Sumbawa in Indonesia, provocò una catastrofe locale con una ripercussione planetaria a causa delle polveri e delle sostanze acide proiettate nell’atmosfera, dove sono rimaste per anni, causando fenomeni che hanno pesantemente limitato la produzione di alimenti in tutta l’Europa e nel Nord America.
Negli stessi anni vi erano stati imponenti eventi militari: le campagne napoleoniche prima e la restaurazione dei precedenti regni poi, avevano comportato il trasferimento di truppe e il ritorno di reduci, con le inevitabili conseguenze sociali. La carenza di cibo, la povertà e le cattive condizioni igieniche hanno preparato il terreno per lo sviluppo della malattia.
Le numerose “cronache” e “bollettini” che riportano dettagliate informazioni sulle condizioni delle popolazioni in ogni parte d’Europa, danno la dimensione della grave epidemia.
Riguardo alla carestia e alla miseria di quel periodo, Andrea Fulio Bragoni, nella sua opera “Cantalice descritto ed illustrato” (Rieti, 1885 – rist. 1882, pag. 174) così scrive: «Tutti abbiamo sentiti i racconti sul pallido volto, sulle sparute fisionomie, sulle forze cadenti di coloro che cibavansi di crusca e di erbe; delle fameliche turbe moventi al forno comunale, condotto allora dal Marcocci di Leonessa. Tanta miseria si protrasse fino al 1818!».
Pur non essendoci documentazione specifica per il territorio di Cantalice, piccolo paese ai confini dell’Abruzzo Ulteriore II, lo sviluppo dell’epidemia di tifo petecchiale nel 1817, in tutto il Regno di Napoli, emerge dettagliatamente in moltissimi rapporti delle autorità civili e sanitarie. Si può pensare che abbia interessato anche il paese di Cantalice e quelli limitrofi, come Cittaducale, Leonessa e la stessa città dell’Aquila. In essi infatti, l’aumento della mortalità in quegli anni presenta lo stesso andamento, pur con qualche sfasatura temporale.
Tabella n. 2 – mortalità nel Comune di Cantalice e di area viciniore (anni 1816-18). Elaborazione grafica dell’Autore.

Tabella n. 3 - mortalità mensile a Cantalice nel decennio 1809-1818

L’andamento delle morti (come si evince dal grafico in tab. 4) segue la stessa curva nei primi quattro mesi dell’anno, per poi salire da giugno- agosto, dove si raggiunge l’acme nei tre anni. Nell’anno 1816, si nota un aumento già dal mese di novembre, tendenza che si protrarrà nel 1817, salendo progressivamente da aprile fino a settembre-ottobre. Nel 1818 i valori tornano alla norma stagionale.
Tabella n. 4 – Comune di Cantalice, Mortalità mensile nel triennio 1816-18 Elaborazione grafica dell’Autore.

Leggendo i registri e i nomi dei defunti, si nota che spesso più soggetti appartengono a singole famiglie e in una occasione (famiglia Antonelli) ben 4 ragazzi muoiono in un mese! Non bastarono i fogli predisposti di due registri a stampa, – tanti furono i morti! – che si proseguì la registrazione su fogli bianchi scritti a mano.
Per una più ampia conoscenza dell’argomento.
Il Tifo Petecchiale: le conoscenze mediche dell’epoca e la diffusione della malattia
Al fine di comprendere meglio le conoscenze mediche dell’epoca e la diffusione della malattia riportiamo quanto descritto da A. CORRADI – Annali delle epidemie occorse in Italia (Bologna, 1877)
“A. 1817. – Eccoci all’anno del tifo, o se più piaccia, febbre pettecchiale: così chiamiamo il 1817 non perché veramente in esso principio o fine avesse il morbo, che anche prima era e continuò poscia; bensì perché in tale tempo più che mai apparve diffuso, e presso che in ogni luogo toccò del proprio corso il massimo grado. Ma d’onde sorse cotesto male, quali ne furono cagioni, quali le vie ed i mezzi con cui si propagò e distese per tutta Italia e nelle circonvicine isole ancora? Discordi i medici nel rispondere a coteste domande, siccome non concordi nel giudicare dell’essenza e dell’indole propria della malattia, e neppure della conveniente denominazione. Conseguenza delle distemperate stagioni, tristo effetto della patita carestia volevano alcuni che quella fosse; altri figlia la dicevano di contagio non novello o sorto allora spontaneamente, ma di antichi germi, vecchi di secoli, e nondimeno sempre vivaci nel seno immondo della perenne miseria, donde riboccando fuori si riversavano ogn’altra calamità ajutante.”

In questa nota viene descritta tutta la gravità dell’epidemia nelle provincie abruzzesi.
Le conoscenze mediche dell’epoca erano molto scarse e non conoscendo l’etiologia delle malattie ci si limitava necessariamente a descriverne i sintomi e le manifestazioni; ecco la descrizione che ne fa il prof. Barzellotti che ne fu affetto e guarito.
“Il primo periodo non ebbe in una durata di più di dodici ore; di cinque giorni il secondo; di sei il terzo; di altri sei il quarto; e l’ultimo di circa tre settimane. Nel primo periodo non si mostrarono in me che parziali sconcerti o affezioni dei visceri e di parti; nel secondo si vide una diatesi infiammatoria con i fenomeni e sintomi che l’accompagnano; nel terzo una comparsa di un esantema alla cute di tipo petecchiale in principio, poi elevato sotto la larva di morbilloso in gran quantità, con paro esaltamento di febbre; nel quarto periodo fu osservata una mobilità della materia esantematica e tendenza a separarsi negli apparati membranoso-cerebrali, arrecando sopore, letargo e depressione di forze; nel quinto la cessazione della febbre, l’espulsione di detta materia eruttiva per via di pustole e di foruncoli e di altra eruzione anomala e perciò la felice terminazione della malattia.”
Le terapie praticate erano del tutto inefficaci e quasi sempre dannose: emetici, purganti e sostanze anche di notevole tossicità erano utilizzate in modo empirico, per non parlare dei salassi (che comunque si consigliava di utilizzare con cautela)!
La patologia di tifo petecchiale oggi,
anche se rara, è ancora presente soprattutto in paesi poveri o in perdurare di guerre e disordini sociali.
E’ causato dalla “rickettsia prowazekii”, un batterio che si trasmette con i pidocchi (pediculus corporis) che fungono da veicolo di trasmissione attraverso le feci. L’uomo si infetta grattandosi o schiacciando l’insetto sopra le abrasioni. E’una malattia associata a scarsa igiene o in concomitanza di guerre, calamità e carestie. Ai nostri giorni è una patologia piuttosto rara, facilmente curabile con poche compresse di antibiotici come la doxiciclina o il cloramfenicolo.
Ha un esordio improvviso, caratterizzato da cefalea, brividi, prostrazione, febbre e dolori generalizzati. Nella quinta-sesta giornata si manifesta un’eruzione maculare, inizialmente nella parte superiore del dorso, seguita da diffusione su tutto il corpo. Uno stato tossiemico è di solito marcato e la malattia cessa per lisi dopo circa due settimane di febbre. Spesso compaiono manifestazioni psichiche fino al delirio e coma. In assenza di terapia specifica il tasso di letalità aumenta con l’età e varia dal 10% al 40%.
La malattia non si trasmette direttamente da persona a persona ma necessita del pidocchio vettore della rickettsia. Si può pertanto prevenire solo eliminando i pidocchi con insetticidi e sanificando i vestiti e i letti.
Questa vicenda, lontana duecento anni, ci ricorda quanto la natura con le sue potenti manifestazioni (eruzioni vulcaniche, terremoti, alluvioni …) può sconvolgere l’assetto sociale di interi continenti.
Brevi cenni bibliografici reperibili su internet.
Archivio di Stato dell’Aquila Antenati – Gli Archivi per la Ricerca Anagrafica http://dl.antenati.san.beniculturali.it/v/Archivio+di+Stato+di+LAquila/Stato+civile+della+restaurazione/Cantalice+provincia+di+Rieti/
Diana Dragoni 1816- Impatto dell’anno senza estate nel territorio perugino Geografia – Roma 2009 anno XXXII n.3-4 1816 – impatto dell’anno senza estate nel territorio perugino 4.pdf (wordpress)
Raffaele Letterio La carestia e l’epidemia del 1816-17 a Foggia https://www.yumpu.com/it/document/read/16392968/la-carestia-e-lepidemia-del-1816-17-a-foggia-biblioteca-
Guido Sereno Il tifo petecchiale nel porto di Recanati, le cifre di una tragedia lontana http://www.centrostudiportorecanati.it/potentia/potentia_12/tifo.pdf Fonti per la storia delle epidemie: il tifo petecchiale www.lostoricodelladomenica.com/tag/epidemia/page/2/
L’AUTORE: Giuseppe Baldi, Medico. Già Dirigente di Medicina Preventiva Età Evolutiva e Vaccinazioni e Coordinatore dei Programmi di Screening Oncologici ASL Rieti. Studioso locale di Storia demografica, sociale e della medicina.